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Call for papers - Call precedenti

 

Call for papers

per la Rivista «Storia Antropologia e Scienze del Linguaggio» n.1-2 2022 sul tema “Il pensiero simbolico”. 

Riprendiamo la nostra ricerca antropologica e, con il salvataggio della Rivista “Storia Antropologia e Scienze del Linguaggio” (d’ora in avanti “SASL”), proponiamo di avviare un dibattito attraverso singoli contributi (al massimo 10 cartelle editoriali) da pubblicare su “SASL” nel corso dell’anno 2022.

Tenendo conto che i fascicoli di “SASL” escono due volte l’anno - primo fascicolo a giugno e secondo fascicolo a dicembre - i saggi dovranno pervenire in Redazione Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.  entro il mese che precede la stampa di ciascun fascicolo (cioè maggio, oppure novembre).

Diamo in sintesi alcuni punti di discussione relativi al tema che proponiamo: Il pensiero simbolico:

Per Detienne l’attività storica di Tucidide è uno dei luoghi in cui si produce la “frattura” fra la favola della mitologia greca e il campo del sapere storico, il suo territorio concettuale, dal quale il mythôs è escluso e che si fa carico di un altro modo di raccontare. La mitologia, che tratta di un mondo fantastico, è la via del simbolismo, della ricerca di una indicibilità che il discorso razionale non può enunciare.

Ma la funzione simbolica è intesa come “fabbrica di senso … che si interpone sempre e necessariamente fra mondo pensato e mondo vissuto … invisibile tela di fondo” (C. Lévi- Strauss) sulla quale gli antropologi cercano di ricostruire le ragioni delle diversità culturali e il loro rapporto con il mondo.

Se pensiamo alla “distinzione tra umanità e animalità o tra cultura e natura come una delle primarie occupazioni del pensiero umano primitivo” (Leach) e proseguiamo fino al dibattito attuale sul pensiero  simbolico, ci troviamo di fronte a modi diversi di procedere e diverse  ipotesi da sostenere, aventi in comune un’idea, che “l’ordine che scopriamo nel mondo è qualcosa che noi imponiamo e che l’uomo ha scelto di ordinare il mondo  in modi diversi in maniera completamente arbitraria” (Leach).

Da una parte lo storicismo umanistico che affonda le sue radici in Vico e che in Italia si è affermato con la Scuola Romana di Pettazzoni e Brelich, l’ “etnocentrismo critico” e la “destorificazione mitico-rituale” di E. De Martino;  dall’altra, le tesi dell’inconscio collettivo e degli archetipi nei contributi di Jung, Kérenyi, Eliade e lo strutturalismo i cui maggiori rappresentanti sono Lévi-Strauss, Foucault e Lacan. 

Questo può essere il quadro approssimativo delle prospettive teorico-metodologiche nelle quali il pensiero simbolico è analizzato. Nel primo caso ci sono gli storici che intendono la storia come una faccenda di rapporti che l’individuo - come soggetto sovrano - stabilisce con le istituzioni; dall’altro, studiosi che si chiedono in che senso la mente umana sia libera e che presuppongono piuttosto una “radice nascosta”, per cui le attività umane sono solo apparentemente libere e che viceversa dipendono da un pensiero anonimo, inconscio, condiviso, che smentisce la presenza di un soggetto della Storia e che, per Lévi-Strauss, per esempio,  è “il luogo della traducibilità delle culture”.

Bergson, ha definito l’uomo “una macchina che fabbrica gli dei”, “Eppure, commenta Bastide, quando li vedo passare, gli uomini, di ritorno dal lavoro, con le spalle dondolanti, le braccia ciondoloni, il passo strascicato, mi dico che queste macchine sono ben arrugginite, ben stremate per riuscire ancora a fabbricare degli dei … e nonostante ciò riescono a fabbricare dei”. Bastide si pone la questione se, forse, “tutto questo non è che la manifestazione di un archetipo iscritto nella natura umana, come vuole Jung, ovvero nella storia dell’umanità, come vuole Eliade”: quasi una categoria a priori di tipo kantiano, - l’ “immaginazione creativa” che ordina il caos e il disordine e che si trova nella mitologia dei popoli, da quelli del mondo antico ai popoli dell’Oceania. “Allora permettetemi, scrive ancora Bastide, di vedere in queste esperienze di sacro selvaggio … la volontà di riprendere il gesto di Mosè quando colpiva con la sua verga il suolo arido per farne scaturire l’acqua che fa rifiorire i deserti” nel tentativo umano di possedere il mondo.

Rimane ancora da considerare la conclusione provocatoria di Foucault: “E’ necessario che ci si rassegni ad assumere nei confronti dell’umanità una posizione analoga a quella assunta verso la fine del XVIII secolo, nei confronti delle altre specie viventi, quando ci si è accorti che esse non funzionavano per Qualcuno – né per se stesse, né per l’uomo, né per Dio, ma funzionavano, e basta … Bisogna che ci rassegniamo ad ammettere che sono giustificazioni. L’umanesimo è una di queste, l’ultima”.

Bibliografia minima

R. Bastide, Il sacro selvaggio, Jaca Book, 1977.

H. Bergson, Le due fonti della morale e della religione, 1932.

E. De Martino, Il Mondo Magico, Einaudi, Torino 1948.

M. Detienne, Ripensare la mitologia, in M. Izard e P. Smith, La funzione simbolica, Sellerio, Palermo, 1988.

M. Foucault, Le parole e le cose. Un’archeologia delle scienze umane, Rizzoli, Milano, 2016.

C.G. Jung, (1971) L. Kerényi, Prolegomeni allo studio scientifico della mitologia, Boringhieri, Torino, 1972.

E. Leach, Introduzione a C.  Lévi-Strauss. Strutturalismo del mito e del totemismo, Newton Compton, Roma 1975.

C. Lévi-Strauss, (1971) L’uomo Nudo, Il Saggiatore, Milano, 1974.